Le origini di Bagnoli sarebbero medioevali, Longobarde per la precisione, anche se, da un lato, la testimonianza più antica relativa al borgo di Bagnoli risalga solo al 901, quando era posseduto da un certo Erimanno, conte di Conza, dall'altro, l'origine del paese sarebbe confermata da un documento risalente al 1001, noto come "Charta longobarda".
Numerosi furono i feudatari che si alternarono nell'esercizio dei diritti feudali su Bagnoli, tra cui i d'Aquino, fino a quando, nel 1445, il Re Alfonso I D'Aragona concesse ad un suo valoroso soldato, lo spagnolo Garzia Cavaniglia, il feudo di Montella con Bagnoli e Cassano, che venne elevato a Contea.
I feudatari Cavaniglia, che governarono per oltre un secolo, fecero crescere molto il borgo.
In particolare, il Conte Troiano I Cavaniglia, prode ed estremamente colto, cercò di far sviluppare Bagnoli, stimolando le sue attività "industriali" (tessuti, tintorie ed altro), ma soprattutto, cercò di calamitare in loco, ospitandoli nel suo castello verso il 1500, numerosi intellettuali, come lacopo Sannazaro ed accademici, come Giano Anisio, che definì Bagnoli, in virtù delle sue bellezze, "Domus deorum".
Tale "incubatore culturale" favorì la crescita e maturazione di molti artisti, quali Leonardo da Capua (medico e letterato, favorito della regina Cristina di Svezia, nato nel 1618, morto nel 1683), Giambattista Abiosi, Ambrogio Salvi ed artisti-intagliatori come Scipione Infante, Andrea d'Asti, lacopo Cestaro e Leonardo Calderoni, che con le loro opere contribuirono ad abbellire diversi palazzi ed edifici religiosi.
Nel 1611, il feudo divenne Ducato e venne governato dalla famiglia dello spagnolo Bernardo de Quisos, la cui vedova Beatrice Majorga (o Mayorca), si imparentò, nel 1644, con la famiglia degli Strozzi di Firenze, che tennero il Ducato, con Ferdinando Mayorca Renzi Strozzi, fino all'abolizione della feudalità (1806). Durante i moti carbonari del 1820, venne fondata a Bagnoli una delle prime vendite, detta "I figli del sole", a cui presero parte molti locali, che vennero, poi, condannati.
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